Piani di azionariato diffuso, sì all'agevolazione anche con esclusioni dei direttori
Pubblicato il 06 giugno 2025
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L'Agenzia delle Entrate risponde ad un interpello relativo all’applicabilità del regime fiscale agevolato previsto dall’art. 51, comma 2, lett. g) del TUIR, in relazione a un piano di azionariato diffuso da parte di una società.
Piano di azionariato diffuso rivolto ai dipendenti
Una società a capo di un gruppo multinazionale con una vasta forza lavoro ha espresso l’intenzione di introdurre un piano di azionariato diffuso rivolto ai dipendenti, sia in Italia che all’estero. Questo piano nasce con l’obiettivo di incentivare e fidelizzare i lavoratori, promuovendo una maggiore partecipazione alla vita aziendale e un allineamento di interessi con quelli degli azionisti. In sostanza, si vuole rafforzare il senso di appartenenza alla società rendendo i dipendenti anche azionisti, senza discriminazioni legate a ruolo, anzianità o mansioni.
Tuttavia, dal piano sarebbero esclusi i lavoratori con contratto a tempo determinato e i dirigenti con responsabilità strategiche, come i direttori generali.
I beneficiari del piano potranno ottenere azioni gratuite (come matching share o bonus share) in cambio di un investimento personale o della conversione del premio di produttività. Le azioni saranno soggette a un vincolo di indisponibilità di tre anni, e il mantenimento delle azioni acquistate sarà condizione per ricevere quelle gratuite.
A fronte di tutto ciò, la società si chiede se il piano può fruire del regime agevolativo previsto dall’articolo 51 del TUIR, nonostante l’esclusione di alcune categorie di dipendenti. In particolare, si interroga se tale esclusione comprometta il rispetto del requisito secondo cui le azioni devono essere offerte alla "generalità dei dipendenti", condizione necessaria per beneficiare dell’esenzione fiscale fino a 2.065,83 euro per ciascun lavoratore.
La società ha sostenuto che l’esclusione di alcuni profili, se motivata e non discriminatoria, non pregiudica il carattere generalizzato dell’offerta e ha chiesto all’Amministrazione finanziaria di esprimere un parere in tal senso.
Imposte sui redditi: agevolazioni per assegnazione di azioni ai dipendenti
Nel fornire la risposta n. 147 del 4 giugno 2025, l’Agenzia delle Entrate ripercorre l’impianto normativo specifico.
L’articolo 51, comma 2, lettera g) del TUIR stabilisce che il valore delle azioni assegnate ai dipendenti non concorre alla determinazione del reddito da lavoro dipendente, fino a un limite massimo di 2.065,83 euro per anno fiscale.
Questo beneficio fiscale è però condizionato al rispetto di alcuni requisiti, tra cui il fatto che le azioni non vengano rivendute alla società che le ha emesse o al datore di lavoro, né cedute a terzi, prima del decorso di tre anni dalla loro attribuzione.
Questa disposizione si riferisce ai cosiddetti piani di azionariato diffuso, che rappresentano un mezzo per motivare i dipendenti e integrare il loro compenso.
Per poter accedere al regime agevolato, è indispensabile che siano soddisfatte alcune condizioni fondamentali, altrimenti il valore delle azioni verrà considerato come reddito imponibile per il lavoratore che le riceve.
In particolare, la normativa richiede che:
- le azioni siano messe a disposizione della totalità dei lavoratori dipendenti;
- il loro valore, per ciascun dipendente e per ogni anno fiscale, non superi complessivamente i 065,83 euro. Se questo tetto viene superato, solo l'importo eccedente sarà soggetto a tassazione;
- le azioni assegnate restino in possesso del dipendente per almeno tre anni a partire dalla data di attribuzione.
Requisito della generalità dei dipendenti
Il quesito sollevato nell’istanza di interpello riguarda il rispetto della condizione secondo cui le azioni devono essere offerte alla “generalità dei dipendenti”, requisito previsto per beneficiare del regime fiscale agevolato.
La società ha chiarito che il piano di azionariato è destinato a tutti i dipendenti, indipendentemente dal tipo di contratto o dalle mansioni svolte, ad eccezione dei lavoratori a tempo determinato e dei dirigenti con responsabilità strategiche, come i direttori generali.
Pur non includendo queste ultime categorie, il piano può comunque rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 51, comma 2, lett. g) del TUIR e godere del relativo beneficio fiscale?
L’Agenzia delle Entrate richiama la risoluzione n. 129 del 12 ottobre 2004, che chiarisce come questa condizione serva a garantire un accesso ampio e non discriminatorio ai piani di azionariato diffuso.
La finalità della norma è quella di evitare che il datore di lavoro usi tali piani per erogare compensi esentasse a solo una parte dei dipendenti, escludendo altri sulla base, ad esempio, dell’orario di lavoro (come part-time vs. full-time) o delle mansioni svolte.
Inoltre, con riferimento alla risoluzione n. 378 del 17 dicembre 2007, si precisa che l’offerta può essere rivolta:
- alla totalità dei dipendenti,
- oppure a specifiche “categorie” di lavoratori, intese non solo come le classiche figure giuridiche (dirigenti, quadri, impiegati, operai), ma anche come gruppi omogenei per tipologia di lavoro svolto o ruolo operativo.
In sintesi, la normativa consente una certa flessibilità, purché non ci siano esclusioni arbitrarie o discriminatorie.
Esclusione dei lavoratori a tempo determinato
L’Agenzia delle Entrate ritiene che nel caso in esame la condizione prevista dalla norma sia rispettata. Le modalità di attribuzione delle azioni previste dal piano permettono infatti la partecipazione di tutti i dipendenti dell’azienda, senza distinzioni legate al tipo di contratto (ad eccezione dei contratti a termine) o al tipo di mansione svolta.
Per quanto riguarda l’esclusione dei lavoratori a tempo determinato, viene chiarito che ciò non compromette il rispetto del requisito di “generalità”, in quanto – come già affermato in precedenti documenti ufficiali – tale espressione si riferisce ai soli lavoratori a tempo indeterminato (circolare INPS n. 11 del 2001 e risoluzione n. 3/E del 2002).
Esclusione dei dirigenti strategici
Per quanto riguarda l’esclusione dal piano dei direttori generali e dei dirigenti con ruoli strategici, si richiama quanto già espresso nella risoluzione n. 55/E/2020. In tale contesto, è stato precisato che i concetti di "generalità dei dipendenti" e "categorie di dipendenti" vanno intesi in modo ampio e simile. È importante, tuttavia, che i benefici non siano assegnati in modo selettivo o ad personam, ovvero rivolti solo a soggetti specifici con vantaggi esclusivi, come evidenziato anche da diverse circolari ministeriali e dell’Agenzia delle Entrate.
Con riferimento ai dirigenti, si sottolinea che questi rientrano nel Piano di Incentivazione a Lungo Termine (LTI) previsto per il management della multinazionale. Tale piano è redatto secondo le regole stabilite dal Testo Unico della Finanza (TUF) e dal Regolamento Emittenti Consob, i quali impongono procedure formali di autorizzazione e trasparenza sulla composizione dei compensi (in denaro e in azioni).
Secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 123-ter TUF, le società devono attenersi alla politica retributiva approvata dai soci, con possibilità di deroghe solo in casi eccezionali e motivati da esigenze di sostenibilità o interesse di lungo periodo. Inoltre, la normativa richiede che tali politiche contribuiscano agli obiettivi strategici della società e siano vincolanti per le assemblee.
Compatibilità con il regime agevolato
Nel caso specifico, il piano LTI prevede la concessione di premi, in azioni o denaro, a circa xxx persone, in funzione del loro grado di responsabilità e del contributo ai risultati aziendali. Tra questi dirigenti, i direttori generali e quelli con responsabilità strategiche sono regolati da una procedura per le operazioni con parti correlate, che stabilisce criteri e limiti precisi per la loro remunerazione, come approvato dal Consiglio di Amministrazione.
Dato che queste figure rientrano già in un sistema strutturato di incentivazione, l’assegnazione anche di azioni gratuite tramite il piano di azionariato diffuso (seppure in misura contenuta) andrebbe a modificare l’equilibrio della loro remunerazione complessiva, infrangendo i limiti definiti nella politica aziendale.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate conclude che l’esclusione dei dirigenti apicali non deriva da intenti discriminatori, ma risponde alla necessità di conformarsi alle politiche retributive obbligatorie della società.
Di conseguenza, la misura fiscale agevolata dell’art. 51, comma 2, lett. g) del TUIR può essere applicata, purché siano rispettate anche tutte le altre condizioni previste dalla norma.
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