Festival del Lavoro 2025: per i lavoratori italiani, prioritario l’aumento dei salari
Pubblicato il 30 maggio 2025
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È stata presentata il 29 maggio 2025, durante la prima giornata del Festival del Lavoro, l’indagine demoscopica “Gli italiani e il lavoro”, condotta dall’Istituto Piepoli per conto della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.
Il sondaggio offre una fotografia dettagliata delle priorità e delle aspettative dei lavoratori italiani in ambito lavorativo, evidenziando una trasformazione significativa nella scala delle esigenze.
I dati rivelano che la priorità assoluta degli italiani in tema di lavoro è l'aumento dei salari: il 63% degli italiani lo considera una priorità alla pari della sicurezza sul lavoro (60%), superando questioni un tempo centrali come la crescita occupazionale (35%) o la riduzione della precarietà (31%).
Il contesto economico inflazionistico ha inciso notevolmente sulla percezione del valore dei salari. Per il 43% degli italiani, la perdita di potere d’acquisto è attribuibile principalmente all’inflazione. Di fronte a questo scenario, emerge un’esigenza di responsabilità collettiva: il 46% ritiene che le imprese debbano farsi carico della questione, mentre il 35% assegna un ruolo di primo piano ai sindacati.
La richiesta che emerge dall’indagine è chiara: garantire salari equi, dignitosi e coerenti con il costo della vita reale.
Il mondo imprenditoriale (ma non solo) è oggi chiamato a un’assunzione di responsabilità: costruire un nuovo patto sociale fondato sulla dignità del lavoro e sull’equità economica.
Giusta retribuzione: un principio garantito dalla Costituzione
Nel sistema giuridico italiano, non esiste un salario minimo fissato per legge. Tuttavia, l’articolo 36 della Costituzione stabilisce un principio fondamentale: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”
Il dettato costituzionale riconosce il diritto alla giusta retribuzione come fondamento della dignità del lavoro. La sua formulazione lascia intendere una doppia dimensione del compenso: proporzionalità (quantitativa e qualitativa) e sufficienza (in termini socio-economici).
A completamento di questo principio, l’articolo 39 della Costituzione prevede che i sindacati, una volta registrati, possano stipulare contratti collettivi vincolanti per tutti i lavoratori della categoria di riferimento. Questo sistema, se venisse attuato, garantirebbe l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi.
Tuttavia, questa previsione non è stata attuata. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha supplito nel tempo all’assenza di una disciplina legislativa specifica, affermando il principio secondo cui i minimi tabellari dei contratti collettivi rappresentano un parametro di riferimento anche per rapporti di lavoro non formalmente aderenti a quei contratti e che, ai fini della verifica del rispetto dell’art. 36 Cost., i giudici possano fare riferimento ai livelli retributivi previsti dai CCNL più rappresentativi nel settore di appartenenza del lavoratore.
In Italia, pertanto, i livelli minimi di retribuzione previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro vengono comunemente adottati come parametro di riferimento per ciascuna qualifica e mansione nei rispettivi settori di appartenenza.
Direttiva UE sui salari minimi
La Direttiva (UE) 2022/2041, a cui gli Stati membri avrebbero dovuto conformarsi entro il 15 novembre 2024, mira a garantire una retribuzione equa e dignitosa a tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, escludendo espressamente i lavoratori autonomi.
La direttiva riconosce nella contrattazione collettiva uno strumento essenziale per garantire salari adeguati, tutelare i lavoratori e promuovere un tenore di vita dignitoso.
Gli Stati membri sono quindi tenuti a:
- promuovere la diffusione dei contratti collettivi, soprattutto nei settori meno coperti;
- facilitare l’esercizio della contrattazione salariale;
- rafforzare il ruolo dei contratti collettivi nella determinazione dei salari minimi.
Nei Paesi dove la copertura della contrattazione collettiva è inferiore all’80% (tra cui non è compresa l’Italia), è obbligatoria l’adozione di un quadro normativo favorevole alla contrattazione e di un piano d’azione nazionale per promuoverne la crescita, da riesaminare almeno ogni 5 anni.
La direttiva non impone l’introduzione di un salario minimo legale nei Paesi dove i salari sono già determinati dai contratti collettivi, né impone di rendere questi contratti universalmente applicabili.
Gli Stati membri dell’Unione europea sono tenuti a predisporre sistemi efficaci di raccolta e analisi dei dati al fine di monitorare l’effettiva protezione offerta dai salari minimi.
Inoltre, con cadenza biennale e entro il 1° ottobre dell’anno di riferimento, dovranno trasmettere alla Commissione europea informazioni dettagliate sul tasso di copertura della contrattazione collettiva, sulla sua evoluzione nel tempo, nonché dati specifici relativi ai livelli salariali e alla quota di lavoratori soggetti al salario minimo legale
La prima relazione riguarda il 2021, 2022 e 2023 ed è trasmessa entro il 1° ottobre 2025.
Salario minimo legale: disegni di legge al Senato
Va infine ricordato che, presso la Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, prosegue l’iter di tre disegni di legge (ddl 957-956-1237) recanti disposizioni in materia di salario minimo.
Il disegno di legge n. 957, adottato quale testo base, all’articolo 1, delega il Governo ad adottare, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della norma, uno o più decreti legislativi in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva, con l’intento di rafforzare le tutele salariali e promuovere condizioni di lavoro più eque. per il conseguimento dei seguenti obiettivi:
a) assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi;
b) contrastare il lavoro sottopagato, anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e a specifiche categorie di lavoratori;
c) stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro nel rispetto dei tempi stabiliti dalle parti sociali, nell'interesse dei lavoratori;
d) contrastare i fenomeni di concorrenza sleale attuati mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati alla riduzione del costo del lavoro e delle tutele dei lavoratori (cosiddetto « dumping contrattuale »).
Uno degli aspetti centrali è il riconoscimento dei minimi retributivi complessivi stabiliti nei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti come riferimento minimo, da garantire anche ai lavoratori non coperti da contratti, applicando agli stessi il contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria di lavoratori più affine.
Il termine per la presentazione di ordini del giorno ed emendamenti è l’11 giugno 2025.
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