Cassazione: sì alla tenuità anche per le violazioni antinfortunistiche
Pubblicato il 09 giugno 2025
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La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., può trovare applicazione rispetto a qualsiasi tipologia di reato, inclusi i reati di pericolo e le contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro, in assenza di elementi ostativi.
Cassazione: tenuità del fatto applicabile alle contravvenzioni sulla sicurezza
Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, Terza Sezione penale, con sentenza n. 21280 del 6 giugno 2025, nel pronunciarsi sul tema dell’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis Codice penale.
Il caso esaminato
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, al legale rappresentante e datore di lavoro di un opificio erano state contestate tredici violazioni della normativa antinfortunistica.
Il Tribunale aveva prosciolto l’imputato ritenendo che i fatti fossero da considerarsi non punibili per particolare tenuità.
La Procura della Repubblica aveva impugnato tale sentenza, ritenendo erronea l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per la natura dei reati contestati, la reiterazione degli stessi e l’irrilevanza dell’adempimento postumo alle prescrizioni dell’organo di vigilanza.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, fornendo tuttavia alcune precisazioni.
La decisione della Corte di Cassazione
Particolare tenuità applicabile anche ai reati di pericolo
Nella sua analisi, la Cassazione ha chiarito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., è applicabile a qualsiasi fattispecie criminosa, purché ricorrano i presupposti e siano rispettati i limiti stabiliti dalla norma (Sezioni Unite, nn. 13681 e 13682 del 25 febbraio 2016).
Il fatto che si tratti di reati di pericolo, come quelli derivanti da violazioni della normativa antinfortunistica, non esclude la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Reati di pericolo, definizione
Si definiscono reati di pericolo quelle fattispecie in cui la condotta dell’agente, pur non provocando un danno concreto, espone a rischio il bene giuridico tutelato. In tali casi, la soglia di tutela viene anticipata per effetto di una scelta normativa preventiva, fondata solitamente sull’elevata rilevanza dell’interesse protetto.
Appartengono alla categoria dei reati di pericolo i delitti di attentato, i delitti contro la personalità dello Stato, quelli contro l’incolumità e la salute pubblica, nonché la quasi totalità delle contravvenzioni, incluse quelle in materia di sicurezza sul lavoro. In tale ambito rientrano anche i cosiddetti reati di pericolo astratto, per i quali la valutazione della pericolosità è operata ex ante dal legislatore. In questi casi, al giudice compete esclusivamente accertare la realizzazione della fattispecie tipica, senza che sia richiesto – necessariamente – di verificare la sussistenza concreta del pericolo.
Anche nell’ambito dei reati di pericolo, in conclusione, la valutazione della particolare tenuità del fatto non può ritenersi, di per sé, preclusa.
Ciò in considerazione del fatto che l’esiguità del pericolo è espressamente prevista dall’art. 131-bis c.p.; inoltre la nozione stessa di pericolo – anche quando qualificato come astratto o presunto – non esclude una valutazione concreta del fatto storico nel suo complesso.
Non abitualità della condotta
Le richiamate sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (nn. 13681 e 13682/2016), come visto, enunciano principi pienamente applicabili ai reati di pericolo, in particolare a quelli di pericolo presunto.
Tali pronunce offrono inoltre spunti interpretativi rilevanti in merito al criterio della non abitualità della condotta, fornendo, più in generale, indicazioni utili sulla valutazione complessiva che il giudice è chiamato a compiere per verificare l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.
La questione della non abitualità del comportamento rileva anche nel caso di specie, in cui sono contestate tredici contravvenzioni della stessa indole.
Ebbene, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13681/2016, hanno chiarito che la particolare tenuità del fatto non può essere riconosciuta:
- quando è superato un certo numero di reati della stessa indole;
- e anche nei casi in cui tali reati non siano stati ancora giudicati, confermando che non è necessaria una pronuncia definitiva sui precedenti per escludere il beneficio.
Serialità
Per quanto riguarda il primo profilo, la Corte di Cassazione ha chiarito che la serialità delle condotte può configurare un comportamento abituale, ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.
La preclusione, nei predetti casi, si verifica quando l’autore ha almeno altri due reati della stessa indole oltre a quello oggetto del procedimento in corso. Pertanto, affinché possa escludersi la particolare tenuità, devono sussistere tre reati della stessa specie, incluso quello per cui si procede.
Reati rilevanti
Per quanto riguarda il secondo aspetto, le Sezioni Unite hanno chiarito che i reati rilevanti ai fini della valutazione della abitualità del comportamento non devono necessariamente essere stati oggetto di condanne irrevocabili.
Tali reati:
- possono essere successivi a quello per cui si procede, trattandosi di un istituto distinto dalla recidiva;
- possono essere conosciuti dallo stesso giudice che valuta la particolare tenuità del fatto;
- possono, singolarmente, essere considerati tenui;
- e possono anche essere già stati esclusi da punibilità in precedenti procedimenti ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
Valutazione complessiva
In ogni caso, nella valutazione sull’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può prescindersi da una considerazione complessiva e integrata delle caratteristiche del caso concreto.
Come precisato dalle Sezioni Unite, il giudizio di tenuità richiede un accertamento unitario, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., di tre fattori essenziali:
- le modalità della condotta,
- il grado di colpevolezza che da esse può desumersi,
- e l’entità del danno o del pericolo concretamente derivato.
Esame caso per caso
Questo orientamento è stato ribadito anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18891/2022, chiamate a risolvere un rilevante contrasto giurisprudenziale sull’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. al reato continuato.
Con tale decisione, la Corte ha affermato che la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non costituisce, di per sé, una causa ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
L’istituto può infatti trovare applicazione all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, purché non ricorrano le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis c.p. (in particolare l’offesa non tenue o il comportamento abituale).
La decisione richiama una serie di indicatori valutativi cui il giudice deve fare riferimento, tra cui:
- la natura e gravità degli illeciti in continuazione;
- la tipologia dei beni giuridici coinvolti;
- l’entità delle disposizioni violate;
- le finalità e le modalità esecutive delle condotte;
- le motivazioni dell’agente;
- le conseguenze prodotte;
- il periodo di tempo e il contesto in cui si collocano le violazioni;
- l’intensità del dolo;
- e la condotta successiva ai fatti.
Le conclusioni della Corte
Nella specie, la Cassazione ha ritenuto carente la motivazione del giudice di merito, che non aveva adeguatamente valutato:
- la gravità delle violazioni;
- il grado di offensività potenziale;
- l’idoneità della condotta a ledere il bene giuridico tutelato.
Da qui l’annullamento della sentenza del Tribunale, con rinvio per un nuovo giudizio di merito, affinché il giudice si pronunci fornendo una motivazione conforme ai principi enunciati in tema di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Tabella di sintesi della decisione
Sintesi del caso | Il legale rappresentante di un opificio è stato imputato per tredici violazioni della normativa antinfortunistica. Il Tribunale ha prosciolto l’imputato ritenendo applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. |
Questione dibattuta | Se la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. possa essere applicata a reati di pericolo (in particolare contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro) e in presenza di più violazioni della stessa indole. |
Soluzione della Cassazione | La Corte ha affermato che la particolare tenuità del fatto può applicarsi anche ai reati di pericolo, incluse le contravvenzioni antinfortunistiche. Tuttavia, ha ritenuto la motivazione del giudice di merito carente, in quanto non ha adeguatamente considerato la pluralità delle violazioni e la valutazione complessiva richiesta dalla norma. Ha quindi annullato la sentenza con rinvio per nuovo esame. |
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